Un nuovo paradigma nello studio del costruito

Nel mondo dell’edilizia, l’evoluzione delle tecniche esecutive, l’impiego di materiali sempre più tecnologici, la richiesta di una sempre più elevata perforabilità delle costruzioni, accentua il limite proprio di quegli approcci specialistici che non trattano le diverse prestazioni dell’opera in modo organico.

I professionisti, le imprese e tutti gli operatori del settore delle costruzioni si trovano spesso di fronte ad una nuova esigenza non ancora compiutamente risolta dalla comunità tecnica. Una esigenza la cui risposta, peraltro, richiede il coinvolgimento di ottiche multidisciplinari e non è demandabile a soluzioni individuabili dalle singole competenze. Le costruzioni diventano contenitori di sistemi sempre più complessi. Da un lato abbiamo la disponibilità di conoscenze e tecniche sempre più evolute, dall’altra la non completa consapevolezza di come i vari componenti dell’opera entrano in correlazione tra loro e quali sono gli effetti che ciascuno di essi può innescare sul resto della costruzione, con il rischio di inficiare il raggiungimento degli obiettivi del nostro intervento. Ciò a qualunque livello si sviluppi il nostro operato: preventivo, progettuale, esecutivo o in fase di esercizio.  Quando interveniamo sulle costruzioni ci è richiesto non solo di garantire la buona qualità delle opere, ma di fare in modo che i requisiti di efficienza, affidabilità e durabilità che le caratterizzano siano mantenuti nel tempo entro limiti accettabili.

La diagnosi delle anomalie quale strumento di conoscenza per la buona esecuzione

Negli anni le ricerche per migliorare le tecniche di rilievo dei difetti e delle anomalie delle costruzioni si sono molto intensificate e le strumentazioni per poterne misurare gli effetti sull’insieme dell’opera si sono molto affinate. Si interviene, tuttavia, in un ambito complesso e delicato che non deve unicamente offrire supporto allo studio di soluzioni o alla messa in opera dei rimedi, ma deve rappresentare un riferimento per poter comprendere se gli scenari che si prospettano richiedono interventi di urgenza, oppure se si tratta di scenari sui quali è possibile pianificare interventi a lungo o a medio termine.

 La studio dei meccanismi di danneggiamento e lo sviluppo dei metodi diagnostici costituiscono, inoltre, le fondamenta di quella conoscenza necessaria per operare una buona progettazione. Questa deve essere orientata sia a prevenire il difetto che a poter eseguire interventi realmente risolutori. Ciò, soprattutto in un contesto nel quale il tradizionale tramando della buona regola tecnica non mette a riparo da errori. Nel passato, infatti, la cultura costruttiva si è fondata sulla conoscenza dedotta da evidenze ed osservazioni di organismi poco articolati, molto più snelli rispetto alle costruzioni moderne, nei quali prevaleva l’impiego di materiali naturali, spesso molto duraturi e, in ogni caso, dal noto comportamento a lungo termine. Un contesto molto diverso da quello attuale. Alle moderne costruzioni, invece, è richiesta sia alta perforabilità delle caratteristiche di funzionalità e comfort a costi contenuti, sia alto valore estetico per ciascuno dei suoi sottosistemi: un combinato di elevata complessità.

Il controllo delle prestazioni per lo studio delle interferenze patologiche.

L’evoluzione normativa che frequentemente si accompagna all’esigenza di garantire requisiti sempre più elevati si è sviluppata principalmente aggiornando i criteri da rispettare nella progettazione e nella messa in opera di un dato componente. Le norme hanno operato soprattutto proponendo prescrizioni esecutive. Nella realizzazione di una specifica lavorazione, infatti, il rispetto di “minimi” e “massimi” opportunamente stabiliti risultano un prerequisito sufficiente a garantire le prestazioni attese. C’è da rilevare, però, che il rispetto delle prescrizioni normative è sicuramente garanzia di buona esecuzione e di buon funzionamento quando si progetta un sistema isolato ( sia esso uno scheletro strutturale, una rete di impianto, un sistema di coibentazione, un sistema di climatizzazione, un sistema di impermeabilizzazione, di infissi, di involucro, ecc…) che non è posto in correlazione con fattori esterni mutevoli delle condizioni al contorno. Il contrario avviene, invece, se la singola lavorazione appartiene ad un complesso articolato composto da più fasi o da più sistemi, oppure quando il funzionamento del singolo sistema è strettamente interconnesso con gli altri che compongono l’intero “complesso costruttivo”. I vari effetti che possono reciprocamente innescarsi su qualunque componente dell’opera potrebbero inficiare le prestazioni attese.

In tal caso il limite dell’adozione di criteri rigidi e frammentari, propri di procedure prescrittive limitate alla specifica lavorazione, può essere superato mediante l’impiego di protocolli di diagnosi i quali, utilizzando metodi di valutazione ampi ed organici ed analizzando i nessi di causalità tra l’origine del fenomeno e l’effetto, pervengono alla individuazione di quelle condizioni al contorno sulle quali una oculata progettazione deve saper intervenire al fine di non inficiare i requisiti di efficienza, affidabilità e durabilità attesi.

E’ evidente che simili approcci integrati richiedono trattazioni organiche e multidisciplinari le quali si snodano su due rami principali del processo valutativo: uno relativo all’inquadramento funzionale dell’opera nella sua globalità; l’altro relativo alla sua specifica prestazione.

Per completare la conoscenza del bene occorrono valutazioni trasversali e, con esse, il superamento degli approcci prescrittivi. Questi ultimi, infatti, se nelle attività predittive – proprie del processo progettuale-possono ritenersi utilmente adottabili, risultano inappropriati nei processi deduttivi, dove la conoscenza del bene si completa mediante deduzione dalle caratteristiche prestazionali che restituiscono la reale efficacia e funzionalità dell’opera in esame.

Tuttavia, l’assenza di un metodo di controllo e confronto dei parametri di riferimento indicativi delle prestazioni attese, oltre alla mancanza di protocolli di rilievo e diagnosi riconosciuti, espone il processo di valutazione dello stato di conservazione e del buon funzionamento delle opere ad interpretazione soggettiva e, perciò, non sempre corretta.

La gestione del patrimonio edilizio tramite i protocolli di diagnosi.

La tecnologia offre parecchi strumenti utili sia per valutare come si modificano i parametri caratteristici dell’opera, sia per gestire i piani di manutenzione supportando il gestore che potrà intervenire all’insorgenza di decadimenti sia fisiologici che patologi. I controlli consentirebbero di cogliere in modo preventivo la comparsa o l’amplificazione dei difetti, potendo essere di ausilio nelle analisi predittive, le quali, per rilevarsi corrette, richiedono una ampia conoscenza dei meccanismi di interdipendenza in modo da anticipare le conseguenze indesiderate che possono innescarsi sulla costruzione nelle fasi di esercizio. Occorre evitare che percorsi diagnostici errati possano comportare l’adozione di soluzioni non adeguate.

Da qui l’importanza della predisposizione di validi protocolli di diagnosi che partendo dallo studio preliminare della costruzione oggetto di analisi, consentono una prima interpretazione qualitativa del suo comportamento e la successiva pianificazione di campagne di indagine finalizzate alla conoscenza dello stato dell’opera.

Tali protocolli, poi, a seguito di una preliminare valutazione qualitativa dell’opera, la classificano sulla base della tipologia costruttiva e delle principali patologie associabili sia al sistema globale, sia ai componenti che la costituiscono per condurre al processo di controllo dove pre-diagnosi e sorveglianza si alternano continuamente:

  • la pre-diagnosi permette di effettuare controlli e ispezioni più mirati, orientati e indirizzati, riducendo così lo spreco di risorse;
  • la sorveglianza, attraverso i dati e le misure ottenute, fornisce utili informazioni per effettuare la diagnosi.  Man mano che si procede con il processo conoscitivo potrebbero emergere aspetti trascurati in prima battuta che obbligano a ricalibrare l’intero processo diagnostico. Approcci trasversali, costruiti secondo protocolli multidisciplinari, permettono l’inquadramento delle zone critiche e di maggior vulnerabilità per la costruzione e la messa in atto le buone pratiche che ne garantiscano buone prestazioni. Si fissano, cioè, i presupposti per garantire costruzioni sicure, salubri e durature.

Autore: Ing. Lucia Rosaria Mecca

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